Dopo quella del 2023, anche quest’anno sono stato interpellato per la conduzione della conferenza di storia sul Giorno della Memoria organizzata dal Comune di Castelnuovo Rangone (Modena) a Gennaio 2024.

Alla serata che ho intitolato “L’Altro di Troppo” con me c’erano la storica Giulia Dodi e i Klez Gang, il gruppo musicale specializzato in musica klezmer che ha intervallato la serata a cui ha partecipato in collegamento video Francesca Panozzo, referente dei servizi educativi del MEB-Museo Ebraico di Bologna.

Come conduttore della serata riporto qui l’introduzione che ho letto e che credo illustri il senso che ho voluto dare alla serata.

Ogni volta che si parla di genocidio tutti noi pensiamo a un’anomalia della Storia, un’eccezione non ripetibile. Dalla Shoah al Ruanda, dal Darfur all’ex Jugoslavia, alla Cambogia… gli stermini di massa sono però troppo frequenti per essere considerati una devianza.

Non solo: il fatto di ritenerli un’aberrazione è – per molti versi – assolutorio, mentre un genocidio si può non solo prevedere, ma anche prevenire, a patto che si riesca a capire. In realtà la chiave per smontare il meccanismo quasi fatale che conduce alla catastrofe sta nella semplice frase «bisogna pure fare qualcosa».

È solo così che lo spettatore passivo può trasformarsi in soccorritore, e la spirale di odio generata dal disprezzo può essere interrotta. Allo scopo di indagare i confini, le caratteristiche comuni a tutti i massacri e soprattutto individuare le modalità per bloccare un processo che dall’intolleranza porta allo sterminio, gli autori hanno creato un’eliminazione di massa «da laboratorio», un mosaico di tutti i genocidi della Storia, entro cui si muovono i personaggi che più o meno attivamente concorrono al genocidio: ideatori, perpetratori, collaboratori, spettatori, manipolatori, studiosi e vittime, in tutte le loro declinazioni.

Assumendo i punti di vista dei diversi attori, possiamo delineare le istruzioni tattiche da applicare nella vita quotidiana. Perché il genocidio ci riguarda molto da vicino: anche se ci sentiamo impermeabili all’odio, l’odio può coinvolgerci in maniera inaspettata.

Perché forse gli stermini non sono altro che una versione macro delle trappole di intolleranza che osserviamo ogni giorno in piccola scala nelle nostre case, scuole, fabbriche, uffici, Stati.

Possiamo noi stessi diventarne vittime (e questo dipende da altri), oppure carnefici, spettatori passivi o, nel migliore dei casi, oppositori attivi.