Del ragazzo non ancora Pablito ho tenuto la maglia. A 14 anni il calcio è ancora una favola con i suoi eroi, rapidi e minuti nel caso di questo ragazzo che porta il neopromosso Vicenza a sfidare la Juventus e che un posto per lui al Mondiale di Argentina si deve trovare.
Nel 1978 le maglie dei tuoi eroi mica le trovavi a 120 euro su Amazon. Se tifavi una grande, a Modena la trovavi di lana da Pietri Sport, sotto la Ghrirlandina, ma se ti eri infervorato del Lanerossi, potevi scordatela. A meno che…
A quei tempi il calcio il rapporto tra sponsor e squadre sta cominciando a cambiare ed è in quei giorni che compaiono i primissimi loghi degli sponsor tecnici sulle maglie. E forse anche per rimarcare questo iato, il Vicenza di Paolo Rossi si presenta un giorno con questa maglia, diversa dalla caratteristica casacca a strisce biancorosse.
Non è come le altre, è traslucida, è Adidas e me ne innamoro.
Ma per incontrare la tua innamorata sono anni in cui ti devi sbattere, mica te la ritrovi a tiro di click. Così vado all’unico centro informativo principale del mio mondo, quello dove puoi sperare di recuperare le informazioni che ti servono: la SIP di via Università, il Google di allora, dove ci sono le cabine telefoniche da cui chiamare e ricevere chiamate interrurbane e soprattutto trovare gli elenchi telefonici di tutta italia. Quelli smilzi del Molise e quelli treccanidi di Milano.
Inizia la ricerca dell’indirizzo del signor Adidas, almeno dove penso che ragionevolmente si possa trovare: Lombardia, Piemonte, Veneto. E alla fine lo trovo. Gli scrivo una breve lettera in cui rivelo la verità, di essere un fan del Vicenza e di Paolo Rossi e di quella splendida maglia che avrei comprato se solo si fosse trovata in qualche negozio.
Dopo un mese mi arriva un piccolo pacco con questa maglia che ancora oggi conservo. Anche se la indossavo io c’era sempre dentro il piccolo Paolo Rossi, l’eroe provinciale di un’Italia che sta cambiando e che forse non tornerà più.
Addio Rossi, grazie Adidas.