Con le nuove tecnologie l’arte della scrittura sta morendo? Ci ho pensato quando è stato chiesto il mio contributo calligrafico per realizzare l’insegna di un teatro intitolato a Massimo Troisi.
Chiariamo subito una cosa: non si dice avere una bella calligrafia. Poiché già “calligrafia” significa bella scrittura, quindi sarebbe come dire hai una calligrafia bella bella. Ops, ma pensandoci bene si dice. Vabbè, fate che sarebbe meglio dire “Hai una bella scrittura”.
“Oh, grazie”, ho detto ai responsabili del Comune di Nonantola (Modena) quando mi hanno proposto di intervenire sulla insegna del piccolo teatro cittadino intitolato ad uno dei miei riferimenti della comicità italiana: Massimo Troisi, di cui domani, 4 giugno 2014, ricorre il ventesimo dalla scomparsa.
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Mi è stato chiesto di scrivere alcune frasi celebri sulla magia del cinema e dello spettacolo e io ho proposto diversi stili, ma alla fine quello scelto è stato quello che della mia scrittura naturale, quella meno impostata che sono in grado di produrre.
Personalmente mi sento un volenteroso barista di autogrill di fianco ad esempio a chef calligrafici come Luca Barcellona che con penna, spray o pennello sono in grado di emozionare semplicemente scrivendo le lettere dell’alfabeto, così come Vittorio Gassman, quando giusto vent’anni fa, per scherzo, leggeva le norme di sicurezza in volo o il menu del ristorante. Per non parlare di maestri assoluti di Shodo giapponese come Norio Nagayama, che ha tra i suoi allievi l’amico Filippo Partesotti.
Comunque oggi il computer aiuta anche chi non ha una bella scrittura e per questo esistono molti font ‘handwritten’, qui ne potete trovare un po’ e qui invece insegna come creare il proprio font alla maniera degli amanuensi.
No, l’arte della bella calligrafia (pardòn: calligrafia), non sta affatto scomparendo. E almeno per quanto mi riguarda nemmeno il ricordo di un grande come Massimo Troisi.